Marcel Proust |
Che cosa cerchiamo, ogni volta che giriamo un angolo? Cosa cerchiamo dietro a ciascuna domanda, cosa vorremmo che succedesse, cosa vorremmo che ci dicessero?
Sviati dal giorno, inseguiamo le notti identiche e mai uguali dei nostri viaggi, non vediamo l'ora di guardare affacciati al davanzale, non vediamo l'ora di conoscere domani senza mai percepire cosa ci culla e canta questo dannato oggi. Mai ci appaga, mai ci esalta, questo dannato, maledetto oggi, tutto rinvia a domani, e questo domani non arriva mai, con le sue certezze incerte non arriva e non torna.
Anima tormentata, anima pura, errante, non sviarti, non fermare il tuo divenire per un banale interrogativo, è la vita che risponde ad ogni mia carezza, è la vita che mi abbraccia ad ogni mio palpitante fremito, è la vita che regala a mani piene vita e morte, due facce di una stessa donna.
La morte è il futuro della vita, è il suo lento divenire. Basta con le domande, non servono.
Mi riprendo la vita e vivo guardando negli occhi chi mi vive accanto.
Ho voglia di accorgermi di un respiro, ho voglia di accorgermi di un richiamo. Voglio poter ascoltare il passato e il presente di ogni essere umano. Ho voglia di pensare che tutti abbiamo talenti da regalare.
Il corpo magro di un ragazzo appena arrivato da lontano, dice molto di sé e del suo passato, i suoi occhi dicono tutto del suo futuro. Non è pago, ha voglia di imparare, ha voglia di crescere e di rimpolpare le sue ossa. Lo farà vedere a tutti coloro che in lui non hanno creduto, a tutti coloro che lo hanno abbandonato a tutti coloro che non hanno mai ascoltato i suoi pianti di bimbo.
Le labbra sorridenti di un'insegnante di piano, regalano a chi le sa osservare, l'amore per la musica, le sue dita flessuose sono un rimando inconscio al pianoforte il prolungamento della sua anima, i suoi occhi sono il tormento dell'artista che è arrivato vicino a Dio ma non sa a chi dirlo.
Anche io come Gaugain, vorrei dipingere e raggiungere Dio, per poi poter morire, anche io vorrei, che queste dita sopra questi tasti trasudassero divinità, ma la strada è difficile, e il grano seminato è tra rovi e spini.
Il casellante dell'autostrada, perché non saluta, perché non ringrazia. E' stanco di vedersi tendere mani, che danno e prendono denaro. E' stanco di sentire odori nauseabondi che trasudano dai finestrini, da macchine che rimandano a un'esistenza vuota. Sono stufi di sorridere a chi non sorride, sono stanchi di odori di stufato, di coiti barbari nei sedili posteriori dove sonnecchiano bimbi ignari delle trasgressioni dei loro genitori, sono stufi i casellanti, di protendere solo mani senza mai ricevere un grazie, sono felici invece quando dai finestrini arrivano le note di De André lasciate lì sospese tra il silenzio e il contatto delle mani, sono felici di poter odorare macchine dalle quali escono le parole della costruzione di una more di Ivano fossati, ci si butterebbero dentro quelle auto a percorrere la riviera, e poi gli appennini per poi ritornare al solito quadrato di cemento dal quale mai più salutare.
Perché un cliente di un ipermercato, guarda con strafottente aria di superiorità il ragazzo che lo sta aiutando nella vendita? Lo sa lui, che colui da sfottere è soltanto se stesso, lo sa lui che cerca in un bene chiamato merce l'illusione di essere libero, e nel momento in cui sceglie sa già di averla persa quella libertà che voleva acquistare. Lui lo sa che è vittima di un sistema, e il boia è proprio quel ragazzo che lo sta aiutando a perdere la libertà, il boia pagato per far quel lavoro, vendere beni materiali, merci alle quali non sa più dare un vero significato.
E poi, poi c'è l'uomo che lavora nel posto pubblico, trafitto dal nano che ha il cuore vicino al buco del culo, che credeva in se stesso e nella società, che ha studiato per vincere un concorso e che ora si ritrova ad esser considerato il ladro. Sì possessore di un posto fisso pubblico, il ladro che ruba lo stipendio, che è alla mercé di personaggi tenuti lì perché amici di merende del piccolo feudatario di turno, perché amica di merende e di baccanali del feudatario di turno, tutto tutto ruota intorno al sesso e al potere e il piccolo dipendente pubblico non ha né l'una né l'altra.
Perché fin da piccola io credevo che gli adulti fossero delle divinità, perché io credevo che solo loro avessero la strada da insegnarmi, invece ho dovuto imparare profanando me stessa che dietro ad occhi con rughe spesso non c'è né saggezza né profondità.
Ringrazio i miei classici, i miei libri, gli uomini e le donne che amano raccontare il vero e il falso, che hanno raccontato ogni profilo, ogni fattezza di occhi, ogni sussulto di anima, che hanno descritto l'indescrivibile e ciò che credevamo perso dentro di noi, ringrazio, in particolare, colui che grazie a una madeleine imbevuta nell'infuso di tiglio ha prolungato le mie notti e ingrandito le mie percezioni... Marcel Proust, non te l'ho mai detto ma ti amo.
la tua grandezza sta nell'esplorare l'infinito tuffandoti in una quotidianeità che non è piatta, ma come un diamante grezzo ha mille sfaccettature....grazie Iride, sei un dono...lo siamo tutti veramente, ma tu hai la capacità (moderno re Mida) di rivalutare la realtà mostrandone il lato oscuro.
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