Lemon B & B

Lemon B & B
Dadà e la casa di terra innevata

mercoledì 31 agosto 2011

Basta!

Io dico che basta.
Basta a dipendere dagli altri, basta ad aspettare il consenso degli altri, basta a scorreggiare facendo finta di parlare con gli altri. Dico basta, a chi non ha idee, dico basta a chi me le vuol rubare, a chi me le vuole cambiare. Dico basta a questo prossimo che non è mai stato più lontano di così. Basta alla quotidianità, e al suo non esserci, basta alle cazzate, basta a queste persone, scarabocchiate su una tela, questi visi senza contorni, senza spessore, senza colore. Smettetela di comprare in massa gli Iphone, e poi non li sapete neanche utilizzare, smettetela, di spendere i vostri umili risparmi in cerca di decoder digitali terresti perché avete paura degli switch off e di come potreste passare, senza la tele, anche solo una serata, dico che basta a vedere le librerie sempre vuote, o se piene, piene di personaggi che comprano l'ultimo libro di ricette. Basta a non ascoltare le parole di una canzone d'autore, basta con Lady Gaga, con questa immondizia che ci propinano e fagocitiamo giorno giorno dopo giorno. Dico basta alla galera delle immagini, basta alla frustrazione di uomini e donne che vivono vite che nessuno mai vivrà, la pubblicità non è mai reale. Basta a immaginare paradisi che altri hanno confezionato per noi. Basta a relegare il pensiero e la sua abitudine in cantine piene di muffa.
Io dico che basta.
Basta respirare a pieni polmoni, basta regalare un sorriso ai nostri figli, basta ascoltare le parole di chi ci vive accanto, dico che basta poco, che è tutto, per vivere.
Basta un tramonto sul mare, tra i monti, in città. Basta un ottimo libro che ci accompagni nelle ore di rilassamento. Basta scrivere una lettera a chi vogliamo che sappia di noi. Basta raccontare la propria esistenza, per poterla capire e farne tesoro. Basta attendere, alle soglie del passato questo fantasmagorico oggi, basta essere in salute, avere un cervello e un cuore. Basta farsi domande e cercare risposte da soli, o con qualcuno che le domande se le pone. Basta far l'amore, è così semplice, senza rincorrere questo maledetto sesso. Basta dormire, per sognare. Basta sognare per vivere. Basta ricordare per tornare bambini, basta piangere per sfogare la rabbia, il rancore e il dolore.
Basta mettere in conto che la nostra vita un giorno terminerà, per non perdere di vista le nostre priorità. Basta essere consapevoli, bastano anche pochi luridi soldi, per poter vivere con dignità. Basta studiare, per conoscere quello che non conosciamo, basta andare a teatro per un'emozione, basta una poesia per riflettere e contorcersi. Basta cantare a squarciagola, basta andare in bicicletta, basta una pizza, basta un cane, basta domani, per vivere oggi.
Smettiamocela.

domenica 28 agosto 2011

Cyrano! L'Essere umano...


W.A. Mozart
Requiem

Finalmente, oggi mi sono data una risposta.
Come si fa ad essere “Esseri umani"?
L'uomo, creatura divina, incredibile, non riesce mai ad essere all'altezza di se stesso, e delle aspettative che hanno su di lui.
L'uomo da quando uomo c'è, è riuscito, infinite volte a dare prova di essere “Essere umano”, certo le tante volte non sono che una infinitesima parte di quanto non ne abbia dato prova.
C'è chi non ne darà mai, c'è chi ci sarà sempre soltanto vicino, e chi invece lo sarà a tratti.
Essere umano, è colui che combatte, chi “Essere umano” non è.
Non sto parlando di guerre, già lì siamo distantissimi dalla natura umana.
Sto parlando di chi riesce, nonostante tutto, ad essere sempre e soltanto se stesso. Chi nonostante colpito dagli altri, anche i più vicini a sé, riesce a restare incontaminato. E' divino l'essere umano, quando riconoscendosi, ad ogni frazione di secondo, non lecca il culo, non ruba parola, non ruba concetti, non fa di sé il clone di ciò che umano non è. L'essere umano resta divino, e trae forza dalla sua non dualità.
E allora tutto intorno a lui ha una luce diversa, tutto parla di eccezionalità, tutto è come l'uomo dovrebbe essere. La sublimazione delle capre che oramai sono in circolazione è un mezzo uomo, sempre in bilico tra ciò che è e ciò che gli altri vorrebbero che fosse e allora mente, e allora si difende, e allora si inerpica e cade fragorosamente al suolo. Cerca di interrogarsi, ma la sua vita, forse, è peggiore di chi domande non se le pone più o non se le è mai poste.
"L'Essere umano" cambia, muta, ma lo ritrovi sempre, perché splende, perché ha idee, perché esprime il suo infinito, che proprio perché è infinito è cangevole e immanente.
"L'Essere umano", fatto, divenuto, ritrovato, ha qualcosa di commovente, di inebriante e allora, a noi umili capre o total capre, si alza la pelle, noi umili mezzi esseri umani, ci commuoviamo, vorremmo poter toccare chi Uomo finalmente è diventato, vorremmo sporcarlo perché siamo in grado solo di insozzare ogni cosa che tocchiamo e ogni frase che diciamo, non è realtà, ma ciò che vorremmo lo fosse.
E' inutile, cercare le verità per terra da maiali, occorre alzare gli occhi e avere la netta percezione di noi stessi e dei nostri limiti. Già così saremmo "Esseri umani", questo, sono convinta sia il primo passo, questo credo sia la nostra missione, guardare l'infinito che un creatore ci ha donato. Ci siamo persi, abbiamo delegato altri caproni a fare le nostre scelte e a parlare per noi, abbiamo dimenticato cosa, gente della nostra razza: “Esseri umani”, sono riusciti a fare. Non reggiamo il confronto e allora facciamo comunità, e allora creiamo luoghi comuni, e allora ci ritroviamo in branco nei posti di lavoro, nei centri commerciali, nei non luoghi dell'altrove.
Stasera, guardo mia figlia negli occhi, e penso che loro, i bambini sono “Esseri umani perfetti”, ma noi capre, riusciamo a smozzicare anche i nostri figli, li lasciamo nudi agli angoli delle loro strade e li incitiamo al non pensiero. Quale dolore ho nel guardarla: mia figlia. Mi domando, come farò a guardarti dentro, se non ho il mio infinito a portata di mano. Come dirò di aver vissuto, se non l'ho fatto?
Cosa ho fatto quando mi hanno proposto di fare l'”Esssere umano? Quando mi hanno dato questa chance cosa ho fatto di me? E' stata la migliore proposta che io abbia mai ricevuto, e la vivo qua, in questa landa desolata, senza mai utilizzare nulla del mio kit di sopravvivenza.
Lacrimavo e singhiozzavo, ascoltando la musica di Mozart, l'altra sera a teatro.
Come una gallina spiumata, ho guardato in faccia e ho ascoltato chi ha saputo essere “Essere umano”, con i rivoli di acqua irrefrenabili sulle gote, guardavo Daphne che con il suo piccolo “Essere umano infinito” cercava la sua possibilità.
Che disastro, non avrei mai voluto trovare la risposta, o meglio, l'avevo in tasca, ma sarebbe stato meglio, l'avessi continuata a usare per soffiarmi il naso.

http://www.youtube.com/watch?v=UjPagWRv6Qw  (Da ascoltare, per diventare un po' di più "Esseri umani")

sabato 13 agosto 2011

Riprendere fiato, tornare a resistere.


Marcel Proust
Che cosa cerchiamo, ogni volta che giriamo un angolo? Cosa cerchiamo dietro a ciascuna domanda, cosa vorremmo che succedesse, cosa vorremmo che ci dicessero?
Sviati dal giorno, inseguiamo le notti identiche e mai uguali dei nostri viaggi, non vediamo l'ora di guardare affacciati al davanzale, non vediamo l'ora di conoscere domani senza mai percepire cosa ci culla e canta questo dannato oggi. Mai ci appaga, mai ci esalta, questo dannato, maledetto oggi, tutto rinvia a domani, e questo domani non arriva mai, con le sue certezze incerte non arriva e non torna.
Anima tormentata, anima pura, errante, non sviarti, non fermare il tuo divenire per un banale interrogativo, è la vita che risponde ad ogni mia carezza, è la vita che mi abbraccia ad ogni mio palpitante fremito, è la vita che regala a mani piene vita e morte, due facce di una stessa donna.
La morte è il futuro della vita, è il suo lento divenire. Basta con le domande, non servono.
Mi riprendo la vita e vivo guardando negli occhi chi mi vive accanto.
Ho voglia di accorgermi di un respiro, ho voglia di accorgermi di un richiamo. Voglio poter ascoltare il passato e il presente di ogni essere umano. Ho voglia di pensare che tutti abbiamo talenti da regalare.
Il corpo magro di un ragazzo appena arrivato da lontano, dice molto di sé e del suo passato, i suoi occhi dicono tutto del suo futuro. Non è pago, ha voglia di imparare, ha voglia di crescere e di rimpolpare le sue ossa. Lo farà vedere a tutti coloro che in lui non hanno creduto, a tutti coloro che lo hanno abbandonato a tutti coloro che non hanno mai ascoltato i suoi pianti di bimbo.
Le labbra sorridenti di un'insegnante di piano, regalano a chi le sa osservare, l'amore per la musica, le sue dita flessuose sono un rimando inconscio al pianoforte il prolungamento della sua anima, i suoi occhi sono il tormento dell'artista che è arrivato vicino a Dio ma non sa a chi dirlo.
Anche io come Gaugain, vorrei dipingere e raggiungere Dio, per poi poter morire, anche io vorrei, che queste dita sopra questi tasti trasudassero divinità, ma la strada è difficile, e il grano seminato è tra rovi e spini.
Il casellante dell'autostrada, perché non saluta, perché non ringrazia. E' stanco di vedersi tendere mani, che danno e prendono denaro. E' stanco di sentire odori nauseabondi che trasudano dai finestrini, da macchine che rimandano a un'esistenza vuota. Sono stufi di sorridere a chi non sorride, sono stanchi di odori di stufato, di coiti barbari nei sedili posteriori dove sonnecchiano bimbi ignari delle trasgressioni dei loro genitori, sono stufi i casellanti, di protendere solo mani senza mai ricevere un grazie, sono felici invece quando dai finestrini arrivano le note di De André lasciate lì sospese tra il silenzio e il contatto delle mani, sono felici di poter odorare macchine dalle quali escono le parole della costruzione di una more di Ivano fossati, ci si butterebbero dentro quelle auto a percorrere la riviera, e poi gli appennini per poi ritornare al solito quadrato di cemento dal quale mai più salutare.
Perché un cliente di un ipermercato, guarda con strafottente aria di superiorità il ragazzo che lo sta aiutando nella vendita? Lo sa lui, che colui da sfottere è soltanto se stesso, lo sa lui che cerca in un bene chiamato merce l'illusione di essere libero, e nel momento in cui sceglie sa già di averla persa quella libertà che voleva acquistare. Lui lo sa che è vittima di un sistema, e il boia è proprio quel ragazzo che lo sta aiutando a perdere la libertà, il boia pagato per far quel lavoro, vendere beni materiali, merci alle quali non sa più dare un vero significato.
E poi, poi c'è l'uomo che lavora nel posto pubblico, trafitto dal nano che ha il cuore vicino al buco del culo, che credeva in se stesso e nella società, che ha studiato per vincere un concorso e che ora si ritrova ad esser considerato il ladro. Sì possessore di un posto fisso pubblico, il ladro che ruba lo stipendio, che è alla mercé di personaggi tenuti lì perché amici di merende del piccolo feudatario di turno, perché amica di merende e di baccanali del feudatario di turno, tutto tutto ruota intorno al sesso e al potere e il piccolo dipendente pubblico non ha né l'una né l'altra.
Perché fin da piccola io credevo che gli adulti fossero delle divinità, perché io credevo che solo loro avessero la strada da insegnarmi, invece ho dovuto imparare profanando me stessa che dietro ad occhi con rughe spesso non c'è né saggezza né profondità.
Ringrazio i miei classici, i miei libri, gli uomini e le donne che amano raccontare il vero e il falso, che hanno raccontato ogni profilo, ogni fattezza di occhi, ogni sussulto di anima, che hanno descritto l'indescrivibile e ciò che credevamo perso dentro di noi, ringrazio, in particolare, colui che grazie a una madeleine imbevuta nell'infuso di tiglio ha prolungato le mie notti e ingrandito le mie percezioni... Marcel Proust, non te l'ho mai detto ma ti amo.

martedì 9 agosto 2011

E la chiamano estate...

Luigi Tenco

E la chiamano estate, questa calura intrisa di vapore che permea la pelle fino alle ossa.

E la chiamano estate, questo tripudio di colori tumefatti, questo intingolo di brezza marina e carne putrefatta.

E la chiamano estate e il gattino nero piccino piccino muore tra le braccia di Dadà, attaccato dalle larve di mosche.

Tutte le sere a coccolarlo a somministrargli goccia goccia linfa vitale e antibiotico.

Il gattino nero piccino piccino è morto, ha scritto Dadà, su un quadernone a quadretti, un 5mm, un pomeriggio di questa estate, e ha continuato, andando a capo: ma non sono dispiaciuta, (si è fatta coraggio), ha smesso di soffrire.

E la chiamano estate, questo continuo avanzare del tempo, questo continuo mio lavorare, in un posto in cui è d'estate, quella con le pinne fucile ed occhiali, che si lavora di più.

E la chiamano estate, quella che è cominciata per noi con una notizia orribile, tutta rivolta a mia madre.

E la chiamano estate, notte dopo notte a pregare, affinché tutti gli esami dicessero che ce la puo' fare.
(Ce la farà!).
E la chiamano estate, con queste nubi e questo dolore di vivere che trafigge il petto e trasuda nelle mani.

Sta finendo, se Dio vuole, l'estate! Il fratello del gattino piccino piccino è in buona salute, la temperatura diminuisce e non ci sono mosche né larve, mia madre si opererà e tirerà e tireremo un respirone di sollievo, sta finendo l'estate e le nubi torneranno al loro posto a fare il loro dovere, non trasuderanno le anime e le mani; ma cadranno le foglie e tutto avrà colore vero.

Finirà questa estate gialla e arancio.

Finiranno le albe che non finiscono più e i giorni interminabili, perché noi uomini non ne abbiamo bisogno, non pensiamo, non amiamo, non soffriamo, non concludiamo, non viviamo e il giorno è troppo lungo per chi non ha nulla da fare.

A cosa serve l'estate con gli i phone, a cosa serve l'estate con la wii, a cosa serve l'estate con le madri sotto gli ombrelloni a messaggiare all'amante, a cosa serve l'estate se non ha nulla da tramandare, falò intorno ai quali cantare canzoni inneggiando alla vita, passeggiate all'imbrunire sul bagnasciuga, battiti di cuori interminabili quando occhi si posano su quegli occhi a cosa serve l'estate se siamo persi in una stagione cyber in preda a non sense, in preda alla logorante ricerca del nulla e dei vizi ad esso abbinati?

Finalmente! Finisce l'estate.