Guardava in maniera vacua e ostinata un punto fisso sull'asfalto. Era una macchia nera, un chewingum, sputato da qualcuno molto tempo prima.
“Ero una bravissima ballerina, mia madre me lo diceva sempre”.
Aveva la gambette rattrappite e a stento toccava terra. Seduta sopra quella panchina piena di scritte nere. Le mani in grembo, i capelli ingialliti dal tempo, una magliettina a righe marrone e beige.
Un pettinino cercava di fermare quel vento ostinato che le scopriva parte della cute, rossa, e delicata.
“Ero una bravissima ballerina, mia madre me lo diceva sempre”.
Gli occhi non guardavano la macchia nera, gli occhi ottenebrati dalla cataratta, guardavano un posto lontano da qui, da me, da lei. Guardavano il suo ieri.
“Hai freddo?” le chiesi con voce pacata per non turbare i suoi ricordi.
“Perché mi chiedi questo?” rispose senza cambiare traiettoria dello sguardo.
“Tremi tutta”.
“Non è tremore, è il vento che mi fa muovere, il vento mi scompiglia i capelli”.
Sì, il vento le scompigliava i capelli, ma non era la causa del suo movimento.
I piedini, continuavano ad andare avanti e indietro senza toccare terra.
“Ero una bravissima ballerina, mia madre me lo diceva sempre”.
Silenzio, e il suo corpo immobile aveva movimento.
“Il mio saggio di danza, sono la prima ballerina, sono venuti tutti a guardarmi: c'è mamma, papà nonna, ci sono le mie cuginette, mi viene da vomitare, cadrò, ho paura.”
Avevo voglia di abbracciarla, era così esile, così piegata e curva su se stessa, era così vecchia, così sola.
“Si apre il sipario e tutto il terrore va via, ballo leggiadra, e ho nel cuore una certezza: mia madre sta piangendo, sono la sua ballerina, l'unico amore della sua vita, lei vive per me, io vivo per lei”.
Le sue gambette sopra quella panchina sembravano danzare, e le sue mani rugose in grembo si agitavano.
“Ho il cuore gonfio, mi sento fondere con la musica e i miei passi sono perfetti, ho tutta me da donare, ricambio il vostro amore, dileguata nelle note e nelle movenze”.
Stavo piangendo anch'io, assistevo a quel balletto immobile, impercettibile, ma ne ricevevo tutte le emozioni. Ero la madre, seduta su una poltroncina di un teatro, con le mani chiuse davanti al naso, e gli occhi dentro al cuore di questa figlia oramai vecchia.
“Ecco sono le ultime note, è scesa l'altalena, è bellissima, decorata da rose bianche e toulle, ci son salita sopra, e piano piano inizio a dondolare, con la stessa lentezza con cui terminano le note”.
Tutto è buio, si accendono le luci, e un'ovazione riempie il teatro. Sono in piedi, davanti a mia figlia oramai vecchia, piango e la guardo salutare il pubblico. Ho gli occhi pieni di lacrime, e da quel liquido traspare il suo volto pieno di gioia.
Mi capita spesso, immagino, come ricorderò il presente, fermo i miei occhi su ombre, sfumature di colori, odori e sensazioni, per poi trasferirli nel futuro per riavere, un giorno, le stesse emozioni, mi catapulto anche nella mia assenza, e ti immagino vecchia, senza più me, senza più noi, con ricordi indelebili nella mente.
Ho sempre voglia di futuro, mentre mi godo questo grandioso presente.
Ti amo Dadà, complimenti per il saggio, “Sei una bravissima ballerina”.