Lemon B & B

Lemon B & B
Dadà e la casa di terra innevata

giovedì 19 maggio 2011

An Harvey wall banger, please!

Che cos'è un drink! Un cocktail. Una miscela. Qualcosa di speciale, creato ad hoc. Ce ne sono diversi, sono quelli riconosciuti dall'IBA, e ognuno di loro è da somministrare a seconda della fascia oraria, della stagione, del momento e delle persone.
Non ci si improvvisa barman, non è frequentando un corsetto che ci si può definire barman.
Il barman è il proprietario del castello, lui solo tiene la chiave, solo lui sa cosa tolleri e di cosa hai bisogno.
Un barman riconosce le bottiglie al tatto, crea il drink con una agilità e sofisticatezza ineguali.
Essere barman è un modo di essere.
Le ricette sono quelle, non altre. Le ricette e i sapori sono uguali a New York, come a Milano e a Singapore.
Lo shaker in mano ad un vero barman risplende della sua lucentezza e della sua fredezza per pochi istanti, quelli che occorrono per freddare il liquido creato.
Il flavouring agent è centellinato nelle ricette internazionali, è questione di grammi.
Non cambia mai il sapore di un Daiquiri, come, è sempre lo stesso, il Martini cocktail.
Dietro i nomi delle ricette dei cocktail internazionali ci sono storie di uomini, di letteratura e di terre lontane.
La creazione del cocktail è il misto tra gli elementi della natura.
Il barman conosce alla perfezione la creazione del whisky e del wiskey, il barman sa perfettamente cos'è la parte che va agli angeli dei cognac pregiati francesi, conosce il gin, la vodka, l'armagnac, il sour mash e il rum.
Sa proprio riconoscerne dall'odore dove e come sono stati invecchiati, e prima di comporre la miscela, intona le note di quel cocktail che andrà a creare.
Non ci si improvvisa Barman, ma in Italia lo si fa.
Lo si diventa con un corsetto regionale, o provinciale. Lo si diventa senza mai aver lavorato in un american bar, lo si diventa senza conoscere le lingue, lo si diventa senza sapere nulla di quello che io ho appena citato.
In Italia si può fare tutto, l'importante è che lo si faccia alla carlona. Non c'è bisogno di artisti, di creativi, di professionisti. Altrimenti, poi, chi guarderebbe la monnezza in tv?
A chi basterebbero i salari da fame? Se la gente cominciasse a capire dove e quando si mangia e si beve davvero bene, capirebbe anche che non è possibile farlo con venti euro, o trenta. E allora non basterebbero più le miserie propinateci in tv con i saltelli in padella. Polli d'allevamento c'hanno voluto e noi lo siamo diventati. Poi possiamo sempre dire di essere Barman, Cuochi, Informatici, Matematici.
Silicon Valley, non sta in Italia, chi se ne fotte e il Cosmopolitan lo bevono nei locali di lusso quelle di sex on the city, e il manhattan lo beve al burlesque cristina aguilera. Basta guardare un film americano, per accorgersi di non aver mai bevuto un cocktail degno di questo nome. Ma noi famo a accontentasse... siamo bravissimi in questo.
Mio marito è un capobarman Iba e Aibes... quante storie mi ha raccontato.
Ha smesso di sognare un'Italia come la Londra che lo ha preparato. E le sue informazioni e conoscenze pregiate le tiene chiuse dentro di sé. Che dolore!

1 commento:

  1. Proprio vero in Italia copiamo solo le stupidaggini e mai le cose serie !! Il grande fratello lo facciamo fedelissimo all'originale,ma guai a far cocktail degni di questo nome !! Da noi l'importante è fare scena...si prendo lo shaker si but...ta dentro un po' di roba da bottiglie non sempre identificabili e lo si chiama cocktail....Questo purtroppo accade sempre più in tutti i settori....gente che non capisce, ad esempio, la pericolosità della presenza o meno del cromo nell'acqua potabile rilascia analisi di potabilità e ne potrei raccontare sulle analisi ambientali....purtroppo questa è l'Italia ! Per far lavorare i figli di papà tocca rendere le cose semplici sennò non ci arrivano e pazienza se il mondo va a rotoli ! Tanto se poi la gente rimane ignorante nemmeno se ne accorge e vive pure felice e fregata !

    Ciao, Paola Tavoletti

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