Per arrivare a casa mia, c'è da percorrere una strada sterrata rocambolesca, piena di imprevisti. E' facilissimo incontrare un fagiano, una civetta, un falco, un cinghiale, gatti selvatici, tassi e volpi. Anche la vegetazione è fiorente, a dire il vero, è fin troppo fiorente.
Spesso vengo pervasa da una nostalgia e da un senso di solitudine guardando quel verde, spesso penso di non poterne più, e altre di non poterne più fare a meno. Ma questa è una delle mie tante imprese mentali, una delle mie tante tentazioni alle quali non resisto, quello di deprimermi per cercare una forte emozione.
Ma, stavo dicendo che quando arrivi a casa, sei abbracciato da rami di biancospino, da siepi di alloro, da piante di ulivo, da querce tentacolari e poi se sta arrivando l'estate, proprio prima di parcheggiare, ti si presenta con una chioma disordinatissima dell'albero del gelso.
O l'albero delle more (Morus alba … me lo ha detto wikipedia).
E' un albero bellissimo, foglie e rami caotici, pieno di succulente bacche bianche. Quando dico che è pieno, non è così per dire, i suoi rami arrivano quasi a terra per il peso dei frutti.
Oggi sono venuti Marco e Desirée. Lei fa delle marmellate divine, e vedendo questa pianta così piena ci ha proposto di cogliere le more promettendoci qualche barattolo di marmellata. Sono dieci anni oramai che abito qui, e non mi sono mai accorta dell'albero del gelso.
E' un albero, molto discreto, quasi insignificante, per chi non guarda attentamente, come, cioè, l'ho guardato sempre io. E' un albero altero, maestoso e affidabile.
Quando ho tirato verso di me un ramo, sono cadute almeno venti palline bianche sulla mia testa e ad ognuno di noi è successa la stessa cosa.
Ho guardato per terra e ho visto che il vialetto era pieno di frutti caduti.
C'era un tappeto di more.
Ho provato tenerezza, per quella pianta che ogni anno ci donava i suoi frutti e noi non ne godevamo. Ho pensato a quanto sia stata inutile per così tanto tempo.
Li piangeva i suoi figli. Appena accarezzavi un ramo, il gelso piangeva le sue lacrime bianche succose e dolci.
I miei cani si sono cibati del suo succo. Ora capisco perché spesso sostassero sotto quella pianta. E oggi davanti a me tutte e tre le palline raccoglievano da terra quel nettare.
Abbiamo pensato di mettere sotto l'albero un telo, così come si fa per la raccolta delle olive.
Con un lunghissimo bastone mio marito batteva i rami delicatamente e subito grandinava.
Desirée era felicissima, pensava alle sue marmellate, e non riusciva a crederci che per farne almeno dieci chili è bastato battere quei rami per cinque minuti.
Mia figlia, chiedeva al padre se si potessero mangiare, e ha fatto merenda con le more, era anche lei molto felice.
I bachi da seta, vengono nutriti con le sue foglie.
Foglie di gelso a creare farfalle, frutti di gelso per le confetture di Desirée.
Quanto è prodiga questa pianta, anche la sua ombra rinfresca il viandante, cerca di essere utile, si offre dando tutta se stessa, ma le more che lei regala, non si possono trasportare, troppo delicate. Vanno mangiate in loco. E' generosa, ma vuole che, una volta che ti accorgi di lei, le resti vicino deve guardarti mentre usufruisci di lei. Questa è l'unica cosa che chiede, le basta la pioggia, le basta il sole, basta un piccolo gesto perché arrivino i suoi frutti nelle tue mani, ma non puoi trasportarli, devi stare sotto la sua ombra e mangiarli in sua compagnia.
E' stato, oggi pomeriggio, come tornare indietro nel tempo. Ho fatto un parallelismo che mi ha scaldato il cuore. Ho pensato a quel ragazzino che era innamorato di me, che c'era sempre accanto a me, che faceva tutto per me, ma non aveva il coraggio di dirmelo, e io non lo notavo, non mi rendevo conto, non sapevo neanche chi fosse. Una volta saputo del suo amore, seppi che il mondo era un posto davvero bello, che le persone erano incredibili, e che io pur non ricambiando il suo amore, avevo da lui tutto quello che non avrei mai pensato di ottenere.
Grazie gelso... grazie per le a-more.
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